Autonomia differenziata? L’ex ministro dei Ds Salvi: “La inserimmo noi della sinistra in Costituzione”

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L’autonomia differenziata? Non mi piace per nulla, ma siamo stati noi del centrosinistra a predisporne gentilmente le condizioni, e il solido fondamento costituzionale».

Cesare Salvi, giurista, già ministro del Lavoro, capogruppo dei Ds in Senato e relatore nella famosa Bicamerale D’Alema per le riforme, è uno di quei politici («A riposo», dice lui) abituati a dire pane al pane e vino al vino. E conosce dal di dentro i decennali tentativi di Grandi Riforme del sistema italiano.

Presidente Salvi, ci aiuti a ricostruire quella storia ormai lontana.

«Era il 2001, fine legislatura, ero ministro del governo Amato. L’idea balzana dei dirigenti del centrosinistra era quella di provare a sconfiggere la Lega sul proprio terreno, per dimostrare ai suoi elettori che se quelli chiedevano il federalismo noi eravamo pronti a fare raddoppiare la posta, così ci avrebbero votato in massa. Approvammo la riforma del Titolo V della Costituzione, con una dura battaglia parlamentare contro l’ostruzionismo dell’opposizione. Ovviamente gli elettori leghisti se ne fregarono, e il centrodestra stravinse nelle urne».

Lei era contrario alla modifica costituzionale per delegare maggiori competenze alle Regioni?
«In Consiglio dei ministri non votai la riforma. Poi, durante l’ostruzionismo, andai da Giuliano Amato e gli dissi: “Ma perché non lasciamo perdere, invece di forzare?”. Lui si strinse nelle spalle: “Macome facciamo, ormai ci siamo impegnati”. Alla fine in Senato votai contro, e anche al referendum confermativo, ma restai solo soletto a sinistra».

Dunque la riforma voluta dal centrosinistra ha aperto la strada al ddl Calderoli contro cui la sinistra ora lancia il referendum?
«Io resto contrario al regionalismo spinto, ma il testo di Calderoli è esattamente la conseguenza di quella nostra modifica costituzionale: è semplicemente la cornice che ne consente l’attuazione. Peraltro nel frattempo ci furono altri passi, una proposta dell’allora ministro Pd Boccia che andava nella medesima direzione, e le intese sulla devoluzione di poteri con varie regioni, tra cui l’Emilia Romagna. A riprova del fatto che, quando decidi di toccare la Costituzione, sai come cominci ma non sai come finisci».

Ora la sinistra prepara il referendum abrogativo.
«Per carità, è anche giusto farlo. Ma c’è il problema del quorum: siamo sicuri che la gente vada a votarlo?».

Ci sarà anche il referendum confermativo sul premierato.
«Un meccanismo molto diverso: il quorum non c’è, ma la premier Meloni rifletta bene: il referendum costituzionale tende ad aggregare tutti i contrari, come ha scoperto Matteo Renzi. E come scoprì De Gaulle: nel 1968 vinse le elezioni con il 43%, e l’anno dopo perse clamorosamente il referendum».

Ma del premierato che pensa?
Referendum per abrogarla: ma serve il quorum e non sono certo che la gente vada a votare Il Pd farebbe la stessa battaglia se al Quirinale ci fosse La Russa?

Non credo…
«Che il testo della maggioranza è assai pasticciato, sia sulla doppia fiducia che sulla legge elettorale, da cui non sanno come uscire. Ma il premierato in sé, se fatto bene, può essere una risposta positiva alla crisi della democrazia. Noi lo proponemmo con la Bicamerale, e ho visto che alcune parti del mio testo di allora sono state riprese pari pari».

C’è la questione dei poteri del Capo dello Stato, che il centrosinistra denuncia con molto vigore.
«Francamente quella è una delle parti della riforma che mi preoccupano di meno: anche nella nostra proposta si introduceva una distinzione tra i poteri propri del presidente in senso proprio (grazia, nomina dei giudici della Consulta etc.) e quelli che richiedono la controfirma del governo, perché entrano nella sfera politica. Del resto, alcune delle migliori democrazie del mondo sono monarchie in cui al capo dello Stato è vietato di occuparsi di politica».

© Copyright redazione, Riproduzione Riservata. Scritto per: TerranostraNews
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